Stigma in Italia rispetto al panorama europeo per la richiesta di aiuto psicologico
Occuparsi della nostra salute mentale è davvero fondamentale.
Secondo l’Eurostat, nel 2018 erano presenti 324.000 posti letto per cure psichiatriche negli ospedali dell’Unione Europea pari al 13,5% di tutti i letti ospedalieri. Questa quota supera il 20% nei Paesi Bassi (in cui raggiunge addirittura il 27%), a Malta, in Belgio e in Lettonia; al contrario, non raggiunge il 10% la Polonia, l’Austria, la Bulgaria e Cipro. La quota si ferma addirittura al 2,8% in Italia con meno di 3 letti su 100 dedicati alle cure psichiatriche.
In Italia la Legge Basaglia, che nel 1978 aveva abolito gli ospedali psichiatrici, resta il modello su cui si basa la struttura di supporto a chi soffre di disturbi psicologici e psichiatrici. Ad oggi la rete a disposizione di chi è affetto da disturbi mentali è gestita a livello regionale da diversi Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) la cui area di competenza è la stessa delle ASL. A sua volta, ogni DSM è suddiviso in Centri di Salute Mentale per l’Assistenza Diurna (CSM), primo punto di riferimento per cittadini con disagio psichico, Centri Diurni Semiresidenziali (CD), per soggiorni più lunghi, Strutture Residenziali (SR), veri e propri centri abitativi e sociali per chi è affetto da disturbi mentali. Le SR, a loro volta, si dividono in terapeutico-riabilitative, socioriabilitative e servizi ospedalieri, ovvero Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura e Day Hospital. Il sistema pubblico è quindi articolato e complesso, con l’obiettivo di rendere disponibili differenti tipologie di intervento in base alle necessità. La presenza di numerose strutture, però, risulta spesso in una frammentarietà di servizi e nell’incapacità di fare sistema e offrire percorsi di supporto integrato per chi dovesse averne bisogno.
Bisogna però fare un piccolissimo passo indietro e tornare al 2022, anno in cui durante la Conferenza sul Futuro dell’Europa (COFOE) fu messo in campo un esperimento di partecipazione politica diretta che aveva coinvolto circa 108 cittadini provenienti da tutta Europa per delineare le politiche europee del futuro. Da qui nacque l’idea del Piano Europeo per la salute mentale; tra le 49 proposte presentate c’era anche la richiesta di un piano d’azione sulla salute mentale che delineasse una strategia di lungo termine per la tutela del benessere psicologico dei cittadini del continente.
Ad oggi però, a quattro anni dall’inizio della pandemia da COVID-19, manca una strategia europea a tutela del benessere psicologico dei cittadini. Stati e regioni si muovono in ordine sparso: dall’Estonia alla Spagna, dalla Finlandia alla Grecia, mentre in Italia il dibattito italiano sull’introduzione di un servizio di psicologia di base su scala nazionale sembra essere ancora piuttosto vivo. Ci auguriamo quindi che presto la situazione migliori e che tutti possiamo trarre vantaggi utili per la nostra salute mentale.