La colpa della madre
È sempre colpa della mamma? Davvero sempre sempre?
Come mai i professionisti che si occupano a vario titolo dei bambini e degli adolescenti pensano sempre che la responsabilità del loro mancato benessere ed equilibrio sia da ricercare nel contesto domestico?
Non nego, da psicologa, l’importanza dell’ambiente domestico e dello stile di attaccamento nella formazione di abilità di fronteggiamento di momenti di crisi e di difficoltà. Non nego quanto sia essenziale stare in ascolto dei bisogni dei propri figli e aiutarli a soddisfarli o sostenerli nell’affrontare la frustrazione di un mancato soddisfacimento.
Non nego quanto a volte la poca cura o al contrario l’ipercura siano dannose per l’evoluzione del bambino e dell’adolescente.
Dico però che spesso si dà ai genitori la colpa di un malessere che non dipende da loro ma da altro. Altro che spesso non viene visto o considerato.
Se mettiamo sempre e solo la luce sullo stile genitoriale (ed in particolare materno) rischiamo di perdere elementi essenziali per la comprensione dello stato emotivo del bambino e per la ricerca di strategie utili a sostenerlo nel superare i momenti critici.
E se poi penso all’autismo, penso a quanto le madri siano state accusate ingiustamente delle modalità peculiari dei propri figli (e mi riferisco alla teoria delle madri frigorifero di Bettelheim, smentita quasi subito ma che porta i suoi strascichi fino a noi). E all’opposto, penso alle nuove teorie legate all’autismo che vogliono far ricoprire alle madri il ruolo di terapiste, privandole dell’’affettività che spesso le contraddistingue. E senza andare così agli estremi, penso a tutti quegli adulti che si occupano a vario titolo dei bambini (insegnanti, baby-sitter, educatori, allenatori) che attribuiscono alle madri la troppa o troppa poca attenzione ai figli nel momento in cui questi fanno in qualche misura fatica ad assecondare le aspettative del contesto, manifestandola nel modo in cui ognuno di loro può in quel momento della propria vita.
Mi chiedo quanto ci sia bisogno di adulti che si mettano in discussione in prima persona, che mettano in dubbio se stessi prima di chiedere ai genitori (e alle madri soprattutto) di modificare se stesse. Non che i genitori non debbano farlo, anzi! Sono la prima che sostiene l’importanza di un lavoro su se stessi in quanto esseri umani e persone prima che genitori, per ricoprire al meglio un ruolo così complesso. Credo però che alcune fatiche dei bambini possano essere ricondotte anche ai contesti di vita fuori da quello domestico. Che la spinta all’indipendenza precoce non sia del tutto sana. Che l’indipendenza passa dalla sicurezza di un posto sicuro a cui approdare, a partire da una totale dipendenza con le figure di riferimento.
Prima di dire ad una madre o a un padre “è colpa tua sé tuo figlio non impara” o “è colpa tua se non esce di casa” o “è colpa tua sè tua figlia non ha amici” o “è colpa tua sé ha comportamenti aggressivi” fermiamoci a chiederci quanto sia anche colpa nostra, di ognuno di noi e quanto sia importante passare dal colpevolizzare al responsabilizzare, i genitori ma anche ognuno di noi, in quanto adulto di riferimento o anche solo in quanto parte di questa società che vuole i genitori capri espiatori di un sistema performativo e spesso tossico, per tutti.
Dott.sa Maddalena Genco