Disturbo d’ansia come male del secolo
Cos’è l’ansia: consociamola più da vicino
Quando si parla di ansia si fa riferimento ad una serie di reazioni che possono essere fisiologiche, comportamentali e cognitive che ci troviamo a vivere quando siamo di fronte ad uno stimolo che viene percepito come una minaccia, ma che soprattutto non crediamo di riuscire a gestire con le risorse che abbiamo a nostra disposizione.
Di base l’ansia non è sinonimo di malattia mentale.
L’ansia è una reazione normale che serve a mobilitare tutte le nostre risorse di fronte a un pericolo o a una minaccia, ecco perché diventiamo più vigili e concentrati, i muscoli si contraggono per prepararci all’azione, il cuore batte più forte e il respiro si fa più frequente. A tutti noi infatti sarà capitato di provare ansia quando ci troviamo, ad esempio, a dover affrontare un evento per noi importante come un esame all’università o un colloquio di lavoro.
Ma se è normale provare ansia, quando dobbiamo preoccuparci?
L’ansia diventa un pericolo per la nostra salute quando i sintomi non ci aiutano a migliorare le nostre prestazioni, ma al contrario ci bloccano e ci inibiscono. Quindi, il consiglio è sempre quello di stare attenti ai segnali che il nostro corpo ci manda. Se le palpitazioni, la tachicardia, l’aumento della sudorazione, i tremori, la sensazione di soffocamento, ma anche la nausea, le vertigini, le vampate di calore o anche un senso di distacco dalla realtà (nei casi più gravi) ci fanno dormire male, oppure interferiscono con la nostra capacità di entrare in relazione con gli altri o compromettono le nostre performance scolastiche e lavorative, allora bisogna preoccuparsi e soprattutto agire perché non si parla più di ansia ma di “disturbo d’ansia”.
Oggi l’ansia si può davvero definire come il male del secolo, come dimostrano ampiamente i dati del National Institute of Mental Health nei quali si attesta che quasi il 20% delle persone soffre di ansia. Ma la cosa che dà molto a che pensare è che nella percentuale indicata molti sono giovani, ma non solo. Quindi perché succede tutto questo? Perché la società ci vuole sempre più proattivi, performanti, svegli e spietati ma al contempo portatori di buoni sentimenti, valori e umanità, ma anche perché grazie all’uso dei social dobbiamo rapportarci con gli standard sociali proposti, sia esteticamente parlando che lavorativamente e spesso ci si sente invece a disagio e tagliati fuori da tutto.
La soluzione? Innanzitutto non restare in silenzio, perché parlarne è il primo passo per uscirne fuori, ma anche cercare delle connessioni che ci fanno stare bene, a partire dai nostri interessi o dalle persone che frequentiamo. Se il malessere provato diventata inibente o disabilitante, consigliamo di scegliere di affrontare la sofferenza con degli psicoterapeuti, così da comprendere l’origine della sofferenza e trovare soluzioni di cambiamento che possano essere radicate nella nostra quotidianità.